E’ possibile ottenere il risarcimento del danno in favore del nipote per la perdita del nonno non convivente. E’ questo quanto stabilito dalla Cassazione Civile, Sezione III, con la sentenza 20 ottobre 2016, n. 21230. Secondo la Cassazione, infatti, la convivenza è misura del risarcimento, non un limite per esso.

Viene, così, superato il principio emesso da risalente Sentenza della Cassazione n. 4253/2012, che riteneva la convivenza un <<presupposto essenziale per il riconoscimento del danno>>. Infatti, seconda la Cassazione ora citata, <<quel rapporto veniva dettato dall’esigenza di evitare il pericolo di una dilatazione ingiustificata dei soggetti danneggiati secondari; tuttavia, è possibile provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti e caratterizzati da reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto>>.

Le Sezioni Unite (vedasi le Sentenze n. 8827/2003, 8828/2003, 26972/2008) avevano già sottolineato come <<la morte di un congiunto ledeva i diritti inviolabili della persona, e come tali, non ascrivibili alla cd. “famiglia nucleare”, incentrata su coniuge, genitori e figli. Le disposizioni civilistiche (art. 75, 76 e 317 bis c.c.) riconoscono tra nonni e nipoti uno stretto vincolo di parentela, di diritti, doveri e facoltà, rapporti significativi tra nonni e nipoti minorenni, con la possibilità per i predetti di ricorrere al giudice nel caso in cui l’esercizio di tale diritto sia impedito>>.

Non solo. La convivenza assurge ora a rilevanza giuridica, atteso che in tal modo si andrebbe ad escludere il diritto del nipote non convivente al risarcimento del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale sulla base di un elemento estrinseco, transitorio e del tutto casuale, ben potendo, invece, ipotizzarsi convivenze non fondate su vincoli affettivi ma determinate da necessità economiche o altro e convivenze determinate da esigenze di studio o di lavoro o non determinate da bisogni assistenziali e di cura.

Peraltro, la stessa Corte aveva riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale, slegato dalla convivenza, in favore del coniuge ancorché separato legalmente, purché si accerti che <<l’altrui fatto illecito abbia provocato quel dolore e quelle sofferenze morali che solitamente si accompagnano alla morte di una persona cara, pur essendo necessario a tal fine dimostrare che, nonostante la separazione, sussistesse ancora un vincolo affettivo particolarmente intenso>> (v. Cass. 17/01/2013, n. 1025), ed ha pure precisato che <<lo status di separato non è in astratto incompatibile con la posizione di danneggiato secondario>> (v. Cass. 12/11/2013, n. 25415).

La convivenza, dunque, è la misura, è un parametro, per dimostrare l’ampiezza e la profondità del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti e a determinare anche il quantum debeatur, ma non certamente un limite.

Già nel 2015 la Cassazione Penale, Sez. VI, con sentenza n. 40717, aveva  riconosciuto la legittimazione dei nipoti, seppur non conviventi, a richiedere il risarcimento del danno morale a seguito della morte del nonno.