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La distinzione tra il reato di maltrattamenti contro familiari o conviventi e quello di atti persecutori aggravati da una relazione affettiva

da Roberto Loizzo | Nov 21, 2024 | Diritto Penale

Con la sentenza 4 luglio 2024, n.20352/24, la Corte di Cassazione, Sezione III Penale, ha pronunciato un’interessante sentenza in relazione alla difficile linea di demarcazione tra il reato di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori in danno dell’ex convivente/coniuge.

Con detta sentenza è stato precisato che “integrano il reato di maltrattamenti in famiglia, e non quello di atti persecutori, le condotte vessatorie nei confronti del coniuge che, sorte in ambito domestico, proseguano dopo la sopravvenuta separazione di fatto o legale, in quanto il coniuge resta “persona della famiglia” fino alla cessazione degli effetti civili del matrimonio (o allo scioglimento del vincolo matrimoniale), a prescindere dalla convivenza”.

La separazione tra i coniugi deve, pertanto, essere considerata “una condizione che incide soltanto sull’assetto concreto delle condizioni di vita, ma non sullo “status” acquisito con il matrimonio, dispensando dagli obblighi di convivenza e fedeltà, ma lasciando integri quello di reciproco rispetto, assistenza morale e materiale, e collaborazione nell’interesse della famiglia, che discendono dall’art. 143, comma 2 cod. civ.”

Per i casi di cessazione della convivenza “more uxorio”, la giurisprudenza di legittimità, venendo meno qualsivoglia obbligo giuridico, ha ritenuto che le condotte moleste, persecutorie e vessatorie possano al più, sussistendo i requisiti strutturali di fattispecie, essere ricondotte entro i lineamenti di tipicità del delitto di atti persecutori.

La Sezione III Penale si è però espressa su casi particolari di cessazione della convivenza, specificando che deve ritenersi “configurabile il delitto di maltrattamenti in famiglia e non invece quello di atti persecutori, quando tra i soggetti permanga, comunque, un vincolo assimilabile a quello familiare, in ragione di una mantenuta consuetudine di vita comune o dell’esercizio condiviso della responsabilità genitoriale ex art. 337 ter cod. civ.”

In tal modo, la Corte ha precisato i confini da adottare al termine dei rapporti di mera convivenza, lasciando, però, irrisolte situazioni analoghe, soprattutto di condivisione del rapporto genitoriale, nei casi di intervenuto divorzio, che sono rimaste escluse da entrambi i principi di diritto sopra menzionati.

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